05/01/10

Ravenna - Mor, espulso dopo 19 anni di lavoro regolare...

Evita il rimpatrio solo grazie al rifiuto di decollare da parte del capitano dell’aereo

da Il Fatto Quotidiano - 8 dicembre 2009

Da 19 anni vive in Italia, lavora in regola, versa i contributi e paga le tasse. Ma un bel giorno si presenta nella Questura della sua città, Ravenna, dove gli negano il rinnovo del permesso di soggiorno. É il 9 settembre 2009. E per Mor Niang, 57 anni, originario del Senegal, da quel momento inizia un calvario. Tecnicamente diventa un clandestino, dopo quasi 20 anni. Ha tempo 15 giorni per lasciare il paese. Mor non lo fa. E il 3 novembre viene trasferito al Cie di Gorizia, dove gli fanno sapere che è indagato per il reato di immigrazione clandestina.

L’udienza di fronte al giudice di pace è fissata per il 19 novembre, ma viene rinviata al 3 di dicembre. Intanto Mor resta al Cie “Dove - dice - eravamo 180 in 16 stanze. E dove mi hanno fatto consegnare tutto: orologio, due cellulari, una catenina d’oro. E alla fine mi hanno restituito solo un cellulare. Quello più vecchio”. Ma questo è nulla: la notte tra l’1 e il 2 dicembre Mor viene prelevato da alcuni poliziotti e portato a Malpensa dove lo imbarcano sull’aereo Milano-Dakar, per il rimpatrio. Mor Niang reagisce. Nonostante sia legato alle mani e ai piedi e tallonato dai poliziotti inizia a urlare così tanto da spingere il capitano dell’aereo a farlo scendere per ragioni di sicurezza. “Anche i passeggeri - racconta Mor - si sono spaventati. Perché dovevo tornare a Dakar? Sono 19 anni che vivo in Italia, non ho mai fatto niente di male. Invece loro, i poliziotti, mi hanno legato, caricato sull’aereo, e dopo che ci hanno fatto scendere mi hanno anche picchiato”. Per ora Mor Niang non è stato rimpatriato. Ma è ancora indagato per soggiorno irregolare.
Perché mai a Mor Niang non è stato rinnovato il permesso di soggiorno? La Questura della città romagnola ha motivato il diniego a causa del basso reddito presentato dal senegalese per il 2008. Per il Testo Unico sull’immigrazione, le Questure possono chiedere agli stranieri di dimostrare di avere i mezzi di sostentamento per poter rimanere in Italia, stabiliti a un minimo di 5.317 euro. Ma la normativa non è così rigida, anzi: “Le autorità preposte alle verifiche - spiega la legale di Mor, Sonia Lama, che ha già presentato il ricorso - sono invitate a farlo quando ci siano fondate ragioni per richiedere il requisito”. La legge va interpretata e contestualizzata: “Le fondate ragioni subentrano se ci sono dubbi su presunte attività illecite, se uno straniero non è incensurato, se non fornisce un documento di identità valido. Oppure quando ci sono motivi di ritenere che il reddito non sia lecito”. Mor Niang invece è incensurato e ha sempre lavorato. La scelta della Questura pare quindi “Discrezionale - dice Sonia Lama - indicativa di un giro di vite sugli stranieri. E fornisce un precedente pericoloso perché un cittadino come Mor non dovrebbe essere sottoposto a questo tipo di verifiche. Parliamo di un cittadino integrato, onesto e laborioso. L’applicazione rigida della normativa può portare a un meccanismo persecutorio”. Perché, come è accaduto a Mor, a tutti gli stranieri può capitare di guadagnare poco per un anno. Specialmente in un anno di crisi.
Ma le ragioni per cui Mor Niang ha guadagnato poco non sono legate neppure alla flessione dell’economia. “Sono dovuto andare in Senegal - racconta Mor - per cinque mesi, perché mia madre era ammalata. Le sono stato vicino finché è morta. E quando sono tornato ho fatto fatica a trovare lavoro”. L’ultimo impiego è stato nel settore dell’agricoltura. Ma prima Mor Niang aveva fatto il commerciante ambulante. Con regolare licenza. “Sono stato vittima - commenta il senegalese - di una violenza enorme. Voglio giustizia”. Ravenna comunque si è stretta in difesa del cittadino straniero, dalle associazioni di immigrati al primo cittadino. Il Prefetto di Ravenna, Riccardo Campagnucci, ieri mattina ha chiesto la sospensione del provvedimento ancora pendente su Mor Niang. Ora la Questura potrebbe rivedere la propria posizione e decidere di rinnovare il permesso di soggiorno a un cittadino che, in 19 anni, non si è macchiato di nessun reato e ha semplicemente contribuito al benessere del nostro paese.

Elisa Battistini

Tratto dal sito: Il Fatto Quotidianoi

Bilancio partecipato e strumenti di interazione col cittadino

La distanza tra la politica e la vita del cittadino è forse una delle principali cause dell’attuale clima civile, caratterizzato dalla profonda sfiducia nelle istituzioni e dal progressivo disinteresse alle questioni di “politica vera”. Il governo del territorio offre quindi una possibilità concreta per colmare questa distanza, chiamando i cittadini ad informarsi in maniera attiva, facendo leva sul naturale coinvolgimento che suscitano le questioni del proprio luogo di vita.
Uno degli strumenti sperimentato, e lentamente inserito all’interno delle prime pagine dei programmi elettorali nelle realtà interne e limitrofe alla provincia di Rimini, è il bilancio partecipato, un’esperienza importante e di apertura vera nei confronti della comunità.
La capacità degli amministratori di ascoltare i cittadini con le loro esigenze, cogliendo gli indirizzi principali del loro agire, è non solo fonte di ricchezza per l’amministrazione nella definizione delle priorità di governo, ma può assumere anche la forma concreta di un’azione amministrativa.
Il bilancio, infatti, è l’atto fondamentale per l’amministrazione di un ente e da questo dipendono i risultati e gli indirizzi politici che saranno resi strategia.
Quindi vanno programmate, e possibilmente messe a sistema anche all’interno di un contesto provinciale, quelle dinamiche per cui si renda possibile avvicinare i cittadini alle scelte riguardo la propria comunità, che in modo trasversale interessano anche la qualità di vita dei singoli.
Gli amministratori devono essere vicini alle esigenze ed avere “il polso” della situazione.
L’esperienza del comune di Santarcangelo che ha visto recentemente l’approvazione del bilancio si è articolata attraverso più canali di partecipazione.
Da un lato i forum per la programmazione strategica del territorio, gli incontri della giunta nelle frazioni e zone della città con tutti i cittadini per illustrare le linee ipotizzate dall’amministrazione e recepire le esigenze e le problematiche della città, prima della stesura finale del bilancio presentato in Consiglio Comunale.
Dall’altro l’utilizzo del web come fonte costante di informazione e di interazione con la comunità locale, attraverso il semplice coinvolgimento dei cittadini che hanno potuto compilare un questionario anonimo on-line per indicare le priorità di allocazione dei fondi previsti dal bilancio all’interno di alcune opzioni (Viabilità, Ambiente, Trasporti etc…una di queste era proprio la Partecipazione). Il web rappresenta poi la possibilità di intercettare quelle fasce di cittadini, soprattutto giovani, che, per motivi di studio o di lavoro fuori sede, vivono la città prettamente nel fine settimana. Il loro contributo è un ulteriore arricchimento fornito da persone che hanno la possibilità di avere uno sguardo più aperto, meno campanilistico, capace di integrare esperienze innovative e variegate attinte da territori non limitrofi.
Allo stesso modo, creare coinvolgimento passa oggi anche attraverso la valorizzazione del sito web del Comune, dove la tempestiva pubblicazione delle news riguardanti la città, la vita della comunità, gli eventi ma anche tutti gli atti amministrativi (odg e sintesi del Consiglio, comunicati stampa etc) aiutano il cittadino a sentirsi parte viva della città, e a fungere egli stesso da strumento di trasmissione del “vissuto” della comunità.
L’attivazione congiunta di tutti i canali di interazione con il cittadino a disposizione dell’amministrazione e della politica ne incentivano la partecipazione responsabile, dove il cittadino diventa appunto protagonista del governo della comunità in cui partecipa.
Questo ruolo attivo va preservato ed incentivato con lo scopo di rafforzare la coesione sociale e il senso di appartenenza al territorio, evitando di isolare e creare vuoti paradossali tra cittadini ed amministratori.

Filippo Sacchetti e Alice Spadazzi

Da plebe si diventa popolo


Un amministratore emiliano-romagnolo, non tanto tempo fa, alla domanda quale fosse il partimonio piu'importante del suo territorio, rispose che "erano le centinaia di associazioni nelle quali si riunivano i cittadini". Non cito' ne' le attivita' industriali o commerciali, non cito' la scuola e non cito' nemmeno la storia della suo territorio. No, cito' le associazioni.Ovviamente le attivita' produttive, la formazione, la memoria condivisa e chissa' quanti altre capitoli ancora, rappresentano ambiti imprescindibili di una comunita', ma citare le associazioni significa citare l'attenzione che pongono i cittadini al vivere pubblico, al vivere la partecipazione. Dagli Amici della musica alle tante Polisportive, dall'Arci Caccia a i gruppi parrocchiali e su su fino ai partiti e sindacati, l'attenzione che pongono le persone alla partecipazione in un sentire collettivo e'l'elemento che rendono una popolazione da una cittadinanza attiva. Cittadinanza attiva e partecipativa significa cittadini che seguono in prima persona quello che succede, che hanno opinioni non mediate esclusivamente dai media, ma generate dalla loro esperienza diretta. E arriviamo a quella distanza di cui tanto si dice tra realta' e percezione, cioe'tra un fattore fortemente influenzabile (a cui comunque nessuno si puo' sottrarre) e uno completamente soggettivo (e per questo molto meno mediato). Le associazioni (nella loro accezione piu' ampia) mettono i cittadini a diretto contatto tra loro come pochissime altre istituzioni riscono a fare, sono il veicolo con cui si cementa la coesione sociale, con cui "da plebe si diventa popolo" (come direbbe un illustre storico). I risultati che si ottengono in termini di governo sono un frutto diretto di questa partecipazione sociale che e' proprio di quel modello emilano-romangolo di cui Rimini e' un esempio. Il partimonio associazionistico e' la partecipazione alla cosa pubblica. Ecco perche' e' il patrimonio piu' importante.

04/01/10

Istituzione del registro per il “testamento biologico”



Ci sono temi che da sempre infiammano il dibattito politico all’interno del nostro paese, e per i quali sembra davvero impossibile riuscire a trovare una soluzione - per quanto possibile – condivisa. Una soluzione in grado di rispettare i principi costituzionali e di tenere in considerazione le diverse sensibilità del nostro paese, un patrimonio di valori che ne hanno fatto la storia e ne hanno indirizzato in questi anni le scelte che riguardano anche la custodia della vita e della salute del singolo cittadino.
Il caso di Eluana Englaro ha riportato all’attenzione di tutti la delicata questione del fine vita, sul quale ha pesato, purtroppo, un vuoto legislativo tamponato dalle sentenze dei giudici ma che, proprio per l’importanza che riveste, richiede un adeguamento delle normative a livello nazionale anche alla luce delle nuove scoperte scientifiche nel campo della medicina. Anche questa volta, la nostra classe politica è riuscita a non mantenere le promesse, impedendo la ricerca di una soluzione politica, qualunque essa fosse, che il Parlamento si era impegnato a garantire in tutta fretta per evitare il ripetersi di nuovi casi simili.
Tuttavia, esistono margini entro i quali la politica può trovare delle soluzioni, supplendo a livello locale al compito dello Stato di garanzia del rispetto dei diritti dei cittadini senza sostituirsi alla colpevole manchevolezza delle decisioni legislative che necessitano di un orientamento nazionale.
E’ proprio entro questo sottile - ma esistente - spazio, che molte amministrazioni comunali in tutta l’Italia, e anche nella provincia di Rimini, si stanno attrezzando per istituire un registro per il “testamento biologico”, ovvero un documento legale che permette di indicare anticipatamente i trattamenti medici che ciascuno intende ricevere o rifiutare in caso di incapacità mentale, di incoscienza o di altre cause che impediscano in maniera irreversibile di comunicare direttamente ed in modo consapevole con il proprio medico. Tale registro consentirà quindi a tutti i cittadini che intendessero effettuare il proprio “testamento biologico”, la cui sottoscrizione è attualmente consentita presso un notaio, di rivolgersi direttamente al proprio Comune senza sostenere le conseguenti spese notarili.
A Santarcangelo nel consiglio comunale di fine novembre è stata votata una mozione con la quale si dà mandato alla Giunta comunale e al sindaco di disporre la raccolta e la conservazione delle dichiarazioni di testamento biologico e di predisporre un regolamento per la disciplina della materia da sottoporre all’approvazione del Consiglio comunale, e di predisporre uno schema di atto nel quale il dichiarante possa esprimere le proprie dichiarazioni anticipate di trattamento. L’iter della mozione era iniziato precedentemente, portata in Consiglio dal rappresentante della Lista Civica nei banchi dei consiglieri, ma proprio per l’importanza e la delicatezza della questione che riguarda direttamente la vita del singolo cittadino è stato deciso, su proposta del gruppo consiliare del Partito Democratico di fare un passaggio preliminare in commissione. L’intento della decisione è stato quello di generare un dibattito preliminare più libero, svincolato dal voto, di approfondire alcune questione tecniche e trovare una più ampia base di consensi su una questione che, per quanto possibile, non dovrebbe essere appannaggio esclusivo di un partito politico.
L’esperienza locale, quindi, dimostra come in tema di tutela dei diritti si possa trovare delle soluzioni, colmando, anche là dove la normativa nazionale non è ancora chiara, quegli spazi legislativi che in qualche modo possono favorire la piena libertà dei cittadini. E’ importante poi sottolineare l’importanza del dialogo e della ricerca della condivisione (che non significa compromesso) anche con le altre forze politiche come metodo di lavoro, particolarmente per i temi eticamente sensibili, sui quali è dovere della politica dare risposte certe, adeguate ai tempi della società in cui viviamo, che siano il più possibile avulse da posizioni idelogiche, ma rispettose di tutte le sensibilità che coesistono nel nostro paese.

Alice Spadazzi

03/01/10

Intervista ai nostri politici


Può essere utile il contributo apportato tramite queste due brevi interviste da parte di Sergio Lo Giudice e Roberto Piva. Il primo è consigliere comunale a bologna oltre che ex segretario dell'Arcigay nazionale (qui maggiori informazioni ed il suo blog), mentre Piva è sicuramente più noto dalle nostre parti, essendo consigliere regionale eletto nella nostra circoscrizione ( qui il suo sito).

A Sergio Lo Giudice:

Come giudica questa legge? Secondo lei è stata raggiunta la miglior soluzione possibile da parte di una legge regionale oppure si poteva fare di più? Avrà degli effetti concreti sulla situazione delle persone lgbt nonostante l'assenza di leggi nazionali?

Credo che con la parte della Legge Finanziaria dedicata a definire i destinatari dei servizi Vasco Errani e la Regione Emilia Romagna abbiano colto nel segno: con poche righe si spazza via una sterile discussione ideologica sul concetto di famiglia e si impostano le politiche familiari della Regione in modo moderno, efficace ed europeo. Gli articoli 48 e 49 della legge sono un programma riformista di alto profilo in due soli punti. Primo: fare in modo che i servizi offerti dalla Regione siano garantiti a tutti senza alcuna discriminazione basata sulle condizioni personali e sociali. Secondo: differenziare l’offerta dei servizi non più distinguendo “chi” è il richiedente ma quali bisogni esprime, a partire dalle famiglie numerose per le quali si prevede una sostanziosa riduzione delle tariffe . È il principio di don Lorenzo Milani “Niente è più ingiusto che far le parti uguali fra disuguali” applicato in modo corretto: considerare come fattore di maggiore intervento il maggiore bisogno e non una supposta condizione di superiorità ai nastri di partenza.

Un questione molto interessante saranno le ricadute a livello provinciale e comunale, capendo quindi come queste leggi verranno interpretate e rafforzate o meno dalle amministrazioni locali. Quali misure dovrebbero prendere le nostre amministrazioni provinciali e comunali per rendere il più possibile efficaci queste norme?

Il principio va applicato in ogni settore. Penso ad esempio all’accesso alle graduatorie per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, alle tariffe per i servizi educativi e scolastici, ai prestiti per le giovani coppie. Nessuna discriminazione all’origine (per esempio in base all’origine etnica o all’orientamento sessuale)e interventi articolati per chi ne ha più bisogno, a partire dalle famiglie numerose: questi criteri dovranno informare l’azione di tutte le amministrazioni della regione.

Sul suo blog sottolinea che finalmente in questa legge si tutelano le persone transessuali e transgender. Sicuramente un fatto nuovo e molto importante, non crede però che la loro condizione sociale di profonda discriminazione sia dovuta soprattutto ai pregiudizi delle persone e che quindi per migliorare veramente la loro vita quotidiana andrebbero attuate delle politiche di sensibilizzazione e conoscenza su queste tematiche?

L’estensione del principio di non discriminazione alle persone transessuali e transgender risulta dal riferimento dell’art.48 della legge regionale alla Direttiva del Consiglio dell’Unione Europea n. 54 del 2006, dove si ricorda che il principio di parità uomo donna non va limitato “al divieto delle discriminazioni basate sul fatto che una persona appartenga all’uno o all’altro sesso” e che va applicato “anche alle discriminazioni derivanti da un cambiamento di sesso”. Certo, non basta un articolo di legge a ribaltare una situazione di forte stigma sociale verso le persone trans. Occorrerà applicare il comma 4 dell’art.48, dove la Regione si impegna “a promuovere azioni positive per il superamento di eventuali condizioni di svantaggio derivanti da pratiche discriminatorie”.

A Roberto Piva:

Le chiedo se pensa che sia giusto che la regione riconosca che nella società esistano, ad esempio,
le coppie di fatto ed estenda ad esse le tutele rivolte finora solo alle famiglie classiche?

Si,con questo provvedimento è stato introdotto un elemento di antidiscriminazione,allargando la base dei cittadini che utilizzano i servizi sociali.
In realtà sono state applicate norme nazionali già esistenti vedi il decreto del Presidente della Repubblica n° 223 del 1989 e poi l’art. 3 della Costituzione Italiana.

Sembrerebbe che il partito democratico, per lo meno emiliano-romagnolo, abbia fatto proprie le battaglie per i diritti civili, facendosi portatore di una visione della società che permette a tutti di essere inclusi e tutelati senza ovviamente negare a nessuno la propria visione della realtà. Pensa sia giusto, quindi, continuare su questa strada? Oppure questo significherebbe negare visioni alternative della società, che considerano queste azioni minatorie della coesione sociale?

La lotta contro ogni forma di discriminazione penso che debba essere al centro dell’agenda politica di un partito come il PD e che sia necessario che il partito spieghi e sostenga pubblicamente
le scelte che si compiono su temi così importanti.
In fondo l’art. 48 delle Legge Finanziaria regionale riconosce alle diverse forme di convivenza il diritto all’accesso ai servizi sociali. Tutto qui. Quindi nessun tentativo di “minare” la famiglia.

Il partito mentre infuriava la polemica ha tenuto un profilo basso. Non è forse una colpa di tutti noi, a seconda del ruolo ovviamente, non avere sostenuto la nostra amministrazione andando a spiegare ai cittadini la nostra iniziativa?
Uno dei problemi del nostro partito sembra essere il fatto che quando le nostre amministrazioni tentano di attuare delle politiche contemporanee e radicalmente alternative alla destra il partito latita per paura di scontentare qualcuno; e quindi non da la forza necessaria ai nostri amministratori per essere alternativi. Non è forse un problema che si è ripetuto anche questa volta?

Non solo profilo basso, ma addirittura silenzi non giustificabili, così non va bene, perché chi occupa ruoli pubblici per conto di un partito deve avere il coraggio delle proprie convinzioni e manifestarle.
Come fanno le elettrici e gli elettori ad ascoltare e percepire il nostro pensiero su questo tema o su altri simili se si sta zitti ?
Penso che un partito, dopo approfondita discussione interna,non possa fare finta di non accorgersi che su questioni come diritti civili, testamento biologico ed altro sia necessaria una chiara posizione politica.

L'individualista è un partigiano della malavita


Giusto per puntualizzare come non esista altrenativa alla partecipazione, se non a prezzo di qualcosa che qualcuno ben piu' qualificato di noi (parte fondamenetale del nostro album di famiglia) ha chiamato "malavita".

Si osserva da alcuni con compiacimento, da altri con sfiducia e pessimismo, che il popolo italiano è «individualista»: alcuni dicono «dannosamente», altri «fortunatamente». Questo «individualismo», per essere valutato esattamente, dovrebbe essere analizzato, poiché esistono forme diverse di «individualismo», più progressive, meno progressive, corrispondenti a diversi tipi di civiltà e di vita culturale. Individualismo arretrato, corrispondente a una forma di «apoliticismo» che corrisponde oggi all’antico «anazionalismo»: si diceva una volta «Venga Francia, venga Spagna, purché se magna», come oggi si è indifferenti alla vita statale, alla vita politica dei partiti.Ma questo «individualismo» è proprio tale? Non partecipare attivamente alla vita collettiva, cioè alla vita statale (e ciò significa solo non partecipare a questa vita attraverso l’adesione ai partiti politici «regolari») significa forse non essere «partigiani», non appartenere a nessun gruppo costituito? Significa lo «splendido isolamento» del singolo individuo, che conta solo su se stesso per creare la sua vita economica e morale? Niente affatto. Significa che al partito politico e al sindacato economico «moderni», come cioè sono stati elaborati dallo sviluppo delle forze produttive più progressive, si «preferiscono» forme organizzative di altro tipo, e precisamente del tipo «malavita», quindi le cricche, le camorre, le mafie, sia popolari, sia legate alle classi alte.

Antonio Gramsci

02/01/10

Alcuni spunti in breve.

Sui diritti a Rimini in questo momento è attivo un percorso per l'istituazione del testamento biologico.
L'intenzione dei promotori è quella di avere uno strumento che permetta di estendere i diritti.
Sono già presenti ormai oltre 40 testamenti protocollati e indirizzati al sindaco che chiedono un luogo pubblico dove depositare le proprie volontà.
L'obiettivo è l'istituzione e non affrontare le questioni etiche di fine vita. Si tratta di uno strumento tecnico.
Ormai da aprile abbiamo intrapreso il percorso consigliare, e a gennaio si andrà al voto. Poi si dovrà realizzare il regolamento che noi abbiamo individuato in quello realizzato a Pisa. Su questa fase si dovrà fare nuova attività per evitare che passi ulteriore tempo.
Ha Santarcangelo ho avuto occasione di incontrare IdV per discutere della questione e confrontaci su quale percorso consigliare. Poi 15 giorni fa abbiamo fatta una iniziativa pubblica di informazione.
A Verucchio abbiamo fatto ad agosto e novembre due iniziative di informazione e raccolta di testamenti, referente Danilo Re.
La questione sul T.B. credo debba essere affrontata senza spostarla su questioni etiche, ma come strumento (il registro) che l'amministrazione più vicina ai cittadini, il comune, mette a disposizione. In tal modo il cittadino può depositare senza spese e con un documento certo le proprie volontà. Il contenuto poi sarà soggetto alle leggi nazionale. Il comune così sarà solo il luogo del deposito e non avrà responsabilità riguardo il merito del contenuto.
All'indirizzo http://www.lucacoscioni.it/nucleo-promotore-di-rimini puoi trovare la rassegna delle iniziative riminesi da agosto in poi.
Qui trovi il mio intervento al 7° congresso della associazione Luca Coscioni http://www.lucacoscioni.it/registro-testamento-biologico-un-altro-caso-concreto.

Un altro punto sui diritti riguarda la sala laica del commiato. A Rimini è stata inserita nel piano triennale. Questa iniziativa è stata promossa da UAAR di Rimini. http://riminiuaar.wordpress.com/

Per quanto riguarda la partecipazione ritengo che sia fondamentale puntare su quella diretta e vincolante per l'amministarzione. Qui si dovrebbe lavorare sui referendum abrogativi e propositivi. E' necessario che i cittadini residenti in comune e provincia possano esprimersi su ogni questione. Inserire nei regolamenti comunali e provinciali questi strumenti di democrazia diretta. Importante è che siano senza quorum o con quorum non superiore al 15% per favorire la partecipazione e l'utilizzo dello strumento.
Nel caso di Rimini bisognerebbe poi rivedere le funzioni dei consigli di quartiere che dovrebbero in prevalenza permettere questa partecipazione e offrire strumenti organizzativi ai cittadini.

Ivan Innocenti