ATTENZIONE: PERICOLO!
I blog sono una metafora della società politica: autoreferenti.
A proposito di PARTECIPAZIONE: tutti noi scriviamo (o parliamo) in pochi leggiamo e nessuno si risponde. Proviamo a interconnetterci. A trovare, dialogando, tratti comuni che ci permettano a migliorare la politica… locale (non planetaria): nel merito e nel metodo. Partendo da noi. La partecipazione è dialogo, il dialogo è comunicazione, la comunicazione è ascolto, comprensione (prima di tutto).
Sillogismo
La mia libertà finisce dove comincia la tua…
e la tua finisce dove comincia quella di qualcun altro.. etc.
I diritti ma anche i doveri di ciascuno (certi, rispettati e che rispettano) esaltano le libertà individuali che si accomunano nella società libera.
Due piccoli enunciati nei quali io credo fortemente e che mi conducono e chiedere a noi tutti (collettivo di persone accumunate da un forte senso di responsabilità e di tensione sociale) partecipanti alla cosa pubblica - la polis – prima ancora che aggregati nei circoli del Pd, quale metodo vogliamo darci per essere attori a tutto tondo su ogni questione riguardi il nostro territorio, anche la più apparentemente non degna dell’interesse degli amministratori o dei dirigenti politici dei partiti che dovrebbero rappresentarci. Non è questa la finalità, vera, della partecipazione? Ho letto gli interventi con interesse. Conosco la maggior parte di noi “partecipanti” e ne ho stima. Ho scelto di essere nel Pd per contribuire al lavoro di base costante, corale e infaticabile (non troppo minoritario e all’avanguardia come ho sempre fin qui fatto) che immaginavo il nuovo grande partito della sinistra avrebbe voluto e saputo fare. Tuttavia come gran parte degli iscritti sono sufficientemente demoralizzata.
L’esperienza dei mesi di lavoro propedeutici all’elezione del segretario mi hanno dimostrato che ancora ci si parla troppo addosso e si agisce poco, male, e con grande ritardo sui temi che maggiormente interessano i cittadini. Senza rispetto degli apporti individuali che provengono dai non titolati che disturbano comunque sempre (come quando si era “vecchi”) il manovratore. La gerarchia sia nel piccolo che nel grande sistema, non è quasi mai scelta in base al merito (intelletto e impegno per il cambiamento) ma a difesa dell’esistente e del già opportunisticamente dato (a difesa dei piccoli e grandi posti di potere). Chiacchiere al vento. Risorse umane e intellettuali sprecate. Per far finta di essere sani, direbbe Gaber.
Detto questo (come dice chi ne capisce), desidererei tanto fare insieme a voi - che bontà vostra mi leggete - un piccolo elenco di diritti e doveri che il nostro gruppo ritiene assolutamente inviolabili in quanto cittadini di questa Città e del Mondo… che tuttavia non si proponga di disegnare il libro dei sogni. Intendo obiettivi concreti sui quali desidereremmo tutti lavorare per farne occasioni di vita quotidiana partecipata, dunque di libertà individuali praticate e/o auspicabili nella nostra vita. Per farne infine una convivenza civile e collettiva, basata sulla reciprocità, di diritti e di doveri. Capace di esaltare un unico diffuso privilegio: la certezza del diritto così come quella del dovere. Senza eccezioni.
Qui per ora mi fermo. Libertà è partecipazione (Gaber) è vero. Ma poiché non è uno sport non sono d’accordo con De Coubertin: non basta partecipare perché la politica è l’arte del convincere, il cui fine ultimo è ottenere consenso. Ed il consenso – almeno se non è mafioso e clientelare - è fatto di numeri e di qualità delle teste pensanti. Noi dei circoli e dei forum che non vogliamo puntare a una poltrona, o al comando di chicchessia, dobbiamo rendere concreti e vincenti i nostri ideali di rispetto delle scelte individuali, a garanzia delle differenze (non solamente di razza o di fede o di genere) ma semplicemente perché ognuno di noi è diverso dall’altro, dunque unico e irripetibile. Nel mondo globalizzato del terzo millennio l’uguaglianza è una figura retorica priva di fondamento. Dobbiamo saper dare la giusta considerazione alle differenze affinché diventino una ricchezza. Potrebbe cominciare da qui il nostro Partito democratico. A meno che non voglia rivolgersi solamente a qualcuno e che non intenda “allineare” il popolo di democratici al minimo comun denominatore servendosi di bravi e ubbidienti soldatini tutti disciplinatamente in fila per tre col resto di uno… anziché imparare ad utilizzare i cervelli anche eretici ed eclettici, poiché meno conformisti e retorici. Che sappia scordarsi il paternalismo cattocomunista e che il populismo lo lasci a Berlusconi. Cominciando a non parlare più di “tolleranza” ma casomai di considerazione, di “gente” bensì di cittadini o di uguaglianza (ma quale, dove, per chi?) a sproposito. Diamo un senso compiuto al termine partecipazione iscritto nella logica finora tracciata dal Partito democratico: dei circoli, della provincia, della regione. Attraverso i contenuti.
Manuela Fabbri, una radicale iscritta (forse temporaneamente) al Pd
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