31/12/09

Il Dio “dai mille nomi e dai mille volti"

Un contributo di Angela Savini

Vorrei condividere con tutti voi, quale contributo al gruppo di lavoro DIRITTI & LIBERTA’ sul tema libertà come multicultura, questa riflessione-sintesi del discorso di IVAN NICOLETTO, monaco di Camaldoli, intervenuto a Milano agli Stati Generali degli immigrati in Italia il 28 novembre 2009. [QUI PUOI SCARICARE TUTTO L'INTERVENTO]

Il suo discorso di ampio respiro “profetico e liberatorio” sollecita in ciascuno di noi la creazione di mentalità e di identità ospitali, di una cultura che sa trarre beneficio dalla presenza di ciascun altro/a; è un cambio di rotta proprio nel momento in cui aumenta la diffidenza nei confronti delle diversità umane, siano esse di razza, di sesso, di religione o cultura.

Il suo intervento parte da una riflessione sulla storia d’Italia che, proprio per la sua configurazione fisica, è stata al centro di flussi migratori in entrata e in uscita; questa mobilità “sfata il mito della nazione etnica…. noi siamo l’esito di una lunga sequenza di processi ibridativi con le diversità delle genti con cui siamo venuti a contatto”.

In questo panorama abbiamo davanti due opportunità: fare mondo o fare muro.
I progressi tecnologici e mediatici hanno facilitato il rapporto fra idee, persone e beni ma, paradossalmente, sono sorte controspinte impaurite che hanno prodotto l’innalzamento di alte mura visibili a difesa degli Stati nazionali o dei localismi (muro tra Israele e Palestina, fra Messico e California.. …ma anche da noi a Padova in via degli Anelli, le barricate contro i Rom a Roma…) e mura invisibili (ultimamente le crociate White Christmas). Queste scelte non sono altro che la risposta di paura, di difesa, di controllo di una comunità che si percepisce “una fortezza assediata da nemici”.
Il decreto di sicurezza sulla immigrazione esclude la possibilità della solidarietà nei confronti dell’immigrato, testimonia “la fatica di approntare le forme politiche e sociali convenienti ad una civiltà globale composta da differenze singolari dove convergono occidentali e orientali, islamici, turchi e confuciani, cinesi e africani, buddisti e slavi…”.
Per superare l’evidente paradosso di un mondo che, da una parte si apre alla libera circolazione di uomini, idee e beni ma nello stesso tempo si chiude a coloro che desiderano “condividere il benessere raggiunto da alcuni”, occorre “inventare comportamenti nuovi rispetto a quelli attuali dettati da possesso, esclusione e repressione” e creare “spazi fraterni, sociali e politici accoglienti”.
Ciò può accadere se si riesce a “disinnescare la miscela esplosiva della paura, delle dinamiche di immunizzazione e del mito della purezza”.
Gli ultimi avvenimenti nei confronti degli immigrati sono il risultato di una cultura che genera e alimenta paura, strumentalizzata politicamente: si alza la soglia di attenzione nei confronti della minaccia, si regredisce “ad uno stadio di aggressione contro tutti i diversi……, più ci si chiude all’altro, più la paura aumenta…. finchè si finisce per credere che i nemici sono ovunque e che tutti i mezzi sono leciti per proteggersi”. Le paure creano una distanza/distacco dall’altro, ci spingono a mettere in atto delle ”dinamiche immunitarie” e alimentano il principio di “epurazione”.
Il concetto di purezza spinge l’uomo a preservare il proprio profilo affermando la propria superiorità, arrivando “a semplificare, distruggere, ripulire, allontanare, omologare, sacrificare”, in definitiva allo scontro.
Quindi “ l’unica strategia possibile è quella integrativa delle diversità” dove vivere un processo di ospitalità permanente non significa “dissolvere la propria identità, ma mantenere aperta la soglia d’ingresso e le finestre, per una condivisione e una reciprocità, abitanti di un unico mondo che abbiamo in comune, a cui apparteniamo in modo dialogico, che non è appropriabili da nessuno.
In questo contesto di globalizzazione multiculturale da una parte e di palpabile xenofobia dall’altra, le tradizioni religiose, le fedi, le spiritualità possono diventare terreni che promuovono l’incontro e favoriscono l’accoglienza in quanto tutti “ apparteniamo all’avventura immensa e imprevedibile della terra”.

Il Dio “dai mille nomi e dai mille volti” ci accomuna con straordinaria creatività, sprona ciascuna fede e spiritualità “a produrre frutti di comunione e umanità”.
Ivan Nicoletto riflette, quindi, sui due misteri principali, cardine della tradizione cristiana: la trinità e l’incarnazione di Dio.
Ogni persona della trinità, pur differente, è in relazione aperta all’altra….. unita da un legame di Amore per il quale una non è mai senza l’altra.
L’incarnazione è il Dio che rivela il suo volto umano in Gesù, “rivoluzione pericolosa e misericordiosa” in quanto consente “al nuovo di sprigionarsi, di rompere la ripetitività dell’oppressione……., di abbracciare tutti fino a destabilizzare le gerarchie e le potenze di questo mondo che vivono sul dominio e sull’ingiustizia”.

Quindi il comportamento aggressivo, violento e intollerante nei confronti del diverso, dello straniero, è un atteggiamento in contraddizione con “l’appartenenza cristiana”.

Ivan Nicoletto conclude la sua riflessione con un invito, determinato proprio da questi tempi in cui le identità nazionali e politiche, economiche e religiose sono chiamate a trasformarsi, a non reagire chiudendosi in se stesse, ma a crescere in una “prospettiva pluralista” cogliendo nelle differenze la possibilità di una” nuova inedita cultura che non può fare a meno dell’altro, non solo per ragioni economiche, ma come presenza che contribuisce a forgiare la futura identità dell’Europa”.

30/12/09

Non abbiamo nulla da temere dall'amore e dalla dedizione




Pubblico un video che qualche settimana fa ha fatto il giro del web: e' il discorso della senatrice dello stato di New York Diane Savino a favore del Marriage Equality Bill, per la legalizzazione delle unione omosessuali, proposto dal senatore Tom Duane (qui il video del suo discorso)

Un discorso di cui mi sento di condividere ogni singola parola, e che colpisce non solo per i contenuti, ma anche per lo stile privo di formalismi, il modo di fare ben diverso dalla pomposita' del nostro parlamento.


Ecco la traduzione, tratta dal blog di Ivan Scalfarotto:



Sono molto nervosa, non perché non sia sicura di quello che dico, ma perché non so cosa succederà e questa è una cosa rara in Senato. Raramente abbiamo affrontato un argomento tanto importante senza immaginarne l’esito. Decine di migliaia di newyorkesi stanno aspettando di capire se andranno a casa sapendo che qui oggi abbiamo fatto la Storia, oppure se saranno terribilmente delusi pur non rinunciando alla lotta. Ma io spero che oggi faremo la Storia. Spero faremo un passo in avanti per mantenere quella promessa fatta da Thomas Jefferson di “sradicare l’ineguaglianza”; perché io rispetto grandemente il senatore Diaz e le sue convinzioni religiose, ma questo voto non riguarda la Politica, Repubblicana o Democratica che sia… questo voto riguarda la Giustizia, l’Equità. Questo voto riguarda quelle persone che vogliono condividere le loro vite e vogliono dal Governo la stessaprotezione che viene garantita a chi , pur godendo del privilegio del matrimonio, ne fa un uso tanto noncurante. Persone come il senatore Tom Dwayne e il suo compagno Louis, due delle persone più unite che abbia mai conosciuto… Io ho più di quarant’anni – e non ho intenzione di essere più precisa [risate] – ma non sono mai stata capace di tenere in piedi una relazione della durata e dell’importanza di quella che lega questi due uomini. Perché dovremmo negare loro il diritto di condividere la loro vita? Queste sono relazioni che io invidio, che tutti dovremmo invidiare. E tutto ciò che chiedono è di poter progettare un futuro insieme e di aiutarsi nel caso qualcosa dovesse succedere, esattamente come può fare un qualsiasi altro senatore con sua moglie.


Vorrei raccontarvi una storia divertente. Stavo guidando sulla Sesta con il finestrino abbassato e, ad un semaforo, un ragazzo ha infilato la testa dentro – cosa in verità un po’ sconcertante – perché aveva

visto il mio distintivo del Senato. Mi ha chiesto: “Mi scusi, ci sarà un matrimonio gay ad Albany, questa settimana?” Ed io: “Sì, l’Assemblea ne discuterà, ma in Senato la cosa prenderà più tempo”. “E lei voterà a favore?” “Certo.” “Perché?” “Perché credo che sia giusto che chiunque possa decidere di condividere la propria vita e che il compito del Governo sia solo quello di amministrare il contratto che si decide di stipulare” E lui mi dice: “Ma così si stravolge il significato del Matrimonio!” E io gli ho risposto: “Vediamo un po’ di chiarire questo significato. Io e lei ci siamo appena conosciuti, ma se volessimo domani potremmo andare in Comune e sposarci e nessuno oserebbe mettere in dubbio il nostro legame o chiederci spiegazioni sulle nostre motivazioni.” E lui: “Sì, è vero”. E io ho ribattuto: “E lei crede che siamo pronti per questo passo?!” [risate] Al che lui ha detto: “Capisco il suo punto di vista”. Ed è questo il punto: il Governo non è chiamato a stabilire la Qualità o la Validità di una relazione, perché se fosse così, allora dovrebbe invalidare ¾ delle licenze matrimoniali! [mormorio di approvazione] Molte persone religiose pensano che dovremmo farlo, ma non lo abbiamo mai fatto e non lo faremo. Io sono Cattolica Romana, e la mia Chiesa ha il diritto di negarmi la possibilità di sposare chi non sia giudicato idoneo, ma il Comune non può fare questo, e ciò non cambierà mai. Le istituzioni religiose possono continuare a praticare la discriminazione nell’ambito del sacramento del matrimonio, ma noi non possiamo.


So che molti sono preoccupati dalla minaccia che i matrimoni gay possono rappresentare per la santità del matrimonio; ma lasciate che vi chieda: che cosa stiamo proteggendo veramente? Guardiamo alla percentualedei divorzi nella nostra società. Accendete la TV: abbiamo un canale via cavo dedicato al matrimonio, tutto dedicato al comportamento che dovrebbero tenere le persone nel loro cammino verso l’Altare; ma se non potete permettervi il cavo c’è anche uno splendido reality, The Bachelor, nel quale trenta donne disperate si contendono un quarantenne che, evidentemente, non è mai stato capace di tenere in piedi una relazione decente nella sua vita! [risate] E poi c’era il mio show preferito che, grazie a Dio, è durato solo una stagione, nel quale trenta donne disperate erano in competizione per sposare un nano! Questo è ciò che abbiamo fatto al matrimonio in America. Un paese dove le donne sono allevate dall’età di cinque anni per diventare la Sposa perfetta. Pianificano ogni dettaglio, ma non spendono dieci minuti a pensare cosa significhi davvero essere una Moglie. La gente giura davanti a Dio di servire amare e obbedire, ma non crede a una parola. Quindi se c’è una reale minaccia alla santità del matrimonio, viene da noi che abbiamo questo privilegio e ne abusiamo da decenni. Non dobbiamo avere paura di Tom Dwayne e di Louis, non dobbiamo avere paura di persone che si dedicano l’una all’altra e decidono di condividere la propria vita e di proteggersi nel caso di malattia. Non dobbiamo avere paura dell’Amore e della Devozione. Tom, io spero che questa proposta passi e che il Governatore la firmi, io spero che noi possiamo imparare da te, ma tu non imparare da noi. Io voto sì.


Nonostante l'impegno di Diane Savino e tanti altri, la proposta non e' passata. Ma un conto e' perdere dopo una battaglia cosi', ragionata e discussa, un conto e' perdere come si perde in Italia, dopo guerre di religione e di opinione che lasciano nulla o quasi su cui costruire le vittorie future.


(segnalo anche altri interventi sullo stesso argomento di cui non sono riuscita a trovare traduzioni: quello del senatore Eric Adams, che fa un paragone con la legalizzazione dei matrimoni misti; quello del senatore Craig Johnson, quello del senatore Daniel Squadron e altri che potete trovare sul canale you tube del senato di New York)

Come Desaix a Marengo


Dal Veneto alla Puglia, dal Piemonte all'Umbria (qui il caso meno noto), siamo di nuovo a benedire l'esistenza di uno strumento come le primarie nella selezione dei candidati all'elezioni per il PD.

L'episodio piu' ecclatante resta sicuramente la Puglia, dove il rischio di andare alle elezioni con 2 candidati ci avrebbe condotto (ma forse sarebbe meglio dire che ancora corre il rischio di condurci, almeno fino quando si sara' certi della data per le primarie...) a perdere in un colpo solo sindaco di Bari e Presidenza della Regione. Oltre che la faccia.

Ma anche il Veneto, ad esempio, sta muovendo nel medesimo solco, dove la candidatura di Laura Puppato ha di fronte il tentennamento del segretario regionale. Niente di strano fino qui, la lotta politica e' fatta di quete cose. Infatti la Puppato sta precedendo (coma da statuto) alla raccolta delle firme. Lo strano sta solo in chi sostiene l'inopportunita' del ricorso alla primarie, alla partecipazione, al popolo. Doppiamente strano (e oscenamente autolesionista) perche' il ricorso alle primarie e alla conseguente mobilitazione partecipativa che ne segue (finora le primarie sono SEMPRE state un successo) ci darebbe un doppio vantaggio:

A) in elezioni difficili come naturaliter lo sono per noi in Veneto, ci si presenta la ghiotta occasione di avversari che stavolta si presentano divisi (a tutt'oggi sono date per certe le candidature sia di Zaia che di Galan) e la forza di cui il candidato vincitore delle primarie si trovera' investito (che sia la Puppato, Zanonato o non-so-chi poco importa) potra' davvero far paura;

B) l'opportunita' politica (o elettorale) di svolgere tali primarie il piu' possibile a ridosso della data delle elezioni sara' un traino propagandistico impagabile.

Avere uno strumento come le primarie per dirimere questioni politiche della massima importanza come le candidature alla presidenza regionale e' un vantaggio incommensurabile. La risposta partecipativa del popolo PD alle primarie e' la soluzione a un problema (qual'ora il problema ci sia...). E' del tutto evidente che, come nel caso di Errani qui da noi, il problema neanche c'era. Tutti daccordo sul nome di Errani? Si', bene, che si proceda.

Ma laddove ci sono piu' candiadati, di fronte all'incapacita' di certi gruppi dirigenti regionali di gestire fasi come queste, bisogna essere contenti che ci sia nel DNA del PD uno strumento come le primarie che, come Desaix a Marengo, corra in nostro aiuto e affidi alla partecipazione del popolo PD la decisione.
Rossano Lambertini

La laicità spiegata a mio padre

Lo riprendo dal blog della giovanile perchè mi pare possa tornare utile al nostro confronto interno:

In questi tempi bui, purtroppo, la classe dirigente è dimentica di cosa vuol dire laicità: si barcamena tra i vari compromessi con i diversi poteri religiosi, oscillando tra genuflessioni e pallidi tentativi di legiferare da paese contemporaneo. Visto che da chi dovrebbe insegnarci non si sentono o vedono sani esempi in materia, portati avanti giorno per giorno, forse è il caso che siamo noi a spiegargli e spiegarci cosa si debba fare e cosa sia una società laica.

Mi sembra che lo Stato sia una società di uomini costituita soltanto per conservare e promuovere i beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libertà, l’integrità del corpo, la sua immunità dal dolore, il possesso delle cose esterne, come la terra, il denaro, le suppellettili, ecc.

Quindi: La cura delle anime non è affidata al magistrato civile più che agli altri uomini. Non da Dio, perché non risulta in nessun luogo che abbia concesso un autorità di questo genere, a uomini su altri uomini, cioè ad alcuni l’autorità di costringere altri ad abbracciare la loro religione. Né gli uomini possono concedere al magistrato un potere di questo genere, perché nessuno può rinunciare a prendersi cura della propria salvezza eterna, al punto da accettare necessariamente il culto o la fede che un altro, principe o suddito, gli abbia imposto. Infatti nessuno può, anche se volesse, credere perché gli è stato comandato da un altro; e nella fede consiste la forza e l’efficacia della religione vera e salutare.

Mentre: Mi sembra che la Chiesa sia una libera società di uomini che si riuniscono spontaneamente per onorare pubblicamente Dio nel modo che credono sarà accetto alla divinità, per ottenere la salvezza dell’anima. Dico è una società libera e volontaria.

Il fine della società religiosa è il culto pubblico di Dio e, attraverso di esso, il conseguimento della vita eterna. A questo fine pertanto deve tendere tutta la disciplina; entro questi confini devono essere circoscritte tutte le leggi ecclesiastiche. In questa società non si fa nulla, né si può far nulla che concerna la proprietà di beni civili o terreni; in questa sede non si può mai far ricorso alla forza per nessun motivo, dal momento che essa appartiene tutta al magistrato civile, e la proprietà e l’uso dei beni esterni sono sottoposti al suo potere.

Senza addentrarci sulla questione se l’anima esista o meno, che in questo momento non conta niente, questi concetti non sono stati espressi da qualche anticlericale risorgimentale o moderno, ma nel diciasettesimo secolo da Jonh Locke, nella Lettera sulla tolleranza, che rappresenta il manifesto della tolleranza religiosa e della separazione tra Stato e Chiesa.

Dunque nessuno può in nome della propria fede imporre le proprie credenze e i propri valori al resto della società interferendo in una sfera che appartiene solo alla politica. Quando accade, bisogna, attraverso gli strumenti insiti nel sistema democratico, respingere questi attacchi e imporre la distinzione tra i due ambiti, i beni civili e la salvezza dell’anima. Ovviamente questi mezzi sono le pene in caso di un reato, mentre se vengono usate le parole per ledere la sovranità statale in ambito civile, sarà attraverso tutti i mezzi d’espressione e manifestazione pacifica possibili che si dovrà ricordare quali sono i compiti di ognuno e rigettare certe affermazioni.

Quindi quando in nome di Dio si interferisce nelle leggi dello stato, pronunciando parole discriminatorie o legittimando il non rispetto delle leggi, tutto la società si deve ribellare e manifestare il proprio disprezzo per queste cose, difendendo l’autonomia delle due sfere. Perché in democrazia ognuno deve poter esprimersi liberamente, ma gli altri non possono accettare ogni opinione come legittima: ci sono opinioni differenti e opinioni contro la libertà della persona e queste ultime vanno combattute aspramente e rigettate sempre con tutti gli strumenti della democrazia.

SE SI E’ DISCRIMINATI

Un contributo di Davide Imola.

Le discriminazioni più forti sono quelle che minano le necessità materiali delle persone, le loro attitudini professionali e la loro libertà d’espressione. Non a caso queste discriminazioni le ritroviamo spesso nei contesti lavorativi e, soprattutto, in quegli ambiti di lavoro dove non vi sono adeguate protezioni e regole anti discriminatorie.
Per affermare una nuova società dove siano valorizzati meriti e talenti e dove siano rispettati i diritti di tutti gli individui a prescindere dalla razza, dall’orientamento sessuale, dalla religione o dall’appartenenza politica bisogna in primo luogo ridare dignità al lavoro.
Il PD deve ripartire dal lavoro e dal suo valore sociale. Il lavoro, pur nelle diverse configurazioni che lo caratterizzano, resta uno dei fondamentali ancoraggi dell’identità delle persone e della cittadinanza. Questo è tanto più vero, nella società della conoscenza, se si tratta di un lavoro ricco di sapere e d’autonomia creativa, sviluppato tecnologicamente come quello che già viviamo e che sempre di più si affermerà nei prossimi anni...

29/12/09

Una generazione nuova, nata con la nascita del PD


Non si puo' non essere d’accordo con quanti sostengono che la prima e più importante domanda cui bisogna rispondere è relativa al che cosa vuole fare questo PD. Occorre definire una visione della società che vogliamo. Poi si potranno fare gli aggiustamenti necessari ispirati al realismo della situazione, ma un’idea del mondo che vorremmo dobbiamo averla. Dopodiché dovremmo essere bravi a comunicarla a tutti. Il PD deve parlare non solo a se stesso, ma a tutti i potenziali elettori e a quanti solo per un momento hanno immaginato di avvicinarsi a questo nuovo partito che (almeno fino al congresso nazionale dell'ottobre scorso) è risultato solo la somma delle due componenti che lo hanno costituito. Troppo pochi sono coloro che per la prima volta nella loro vita hanno pensato di prendere la tessera di un partito e si sono avvicinati al PD. Al di là dei numeri delle nuove e vecchie tessere credo che il dato che vada assolutamente tenuto presente sia proprio questo. Il PD, né nella fase costituente con Veltroni, né nella fase di gestione dell’emergenza con Franceschini, ma forse un po' di piu' nella fase congressuale (non a caso molto partecipata, soprattutto nelle sue sedi meno burocratizzate), è stato in grado di avvicinare persone mai iscritte prima ai Ds o alla Margherita. Questo fatto segna in maniera evidente il fallimento dell’idea di un partito capace di intercettare situazioni nuove e soggetti politici diversi da quelli dei due ceppi fondativi. Ora il rischio che si corre in questa fase del dibattito pre congressuale riminese è appunto il ripiegamento verso ragionamenti tesi a favorire questo o quel candidato segretario, ma senza alcuna vera apertura al mondo che sta fuori del partito. Insomma il rischio dell’arroccamento nella propria posizione è fortissimo. Ognuno difende il proprio particolare, ma non vede che sotto i piedi la terra sta scivolando via. E' a una generzione politicamente nuova, nata con la nascita del PD, che va affidato il nuovo corso.

Citando Alberto Rossini: "Penso che l’unico modo per evitare una battaglia dai toni fideistici che però non aggiunge nulla alla forza e alla base sociale del partito sia quella di discutere della nuda realtà delle cose. Indicando appunto ogni volta cosa si intende fare rispetto alle questioni sociali, economiche, culturali che debbono caratterizzare le scelte di un partito e la visione di fondo che lo anima. Vorrei che di questo si discutesse. Vorrei che la declinazione nazionale delle soluzioni venisse riferita concretamente anche al nostro territorio evitando quell’antipatica situazione per cui ciò che va bene da una parte poi non è buono da un'altra e ciò che non si deve fare ad un certo livello è invece cosa buona e giusta qui da noi. Occorre attenersi ad un criterio di coerenza che sicuramente è più difficile da applicare, ma è più chiaro e comprensibile a tutti ".


Credo che sia giusto separare l'esigenza, per così dire, governativa che si esprime attraverso atti e decisioni amministrative, da un approfondimento conoscitivo e di elaborazione di nuove idee e proposte a cui in qualche modo il PD attraverso la propria articolazione territoriale e di reti locali e nazionali dovrebbe prioritariamente dedicarsi. Credo che per poterlo fare siano necessarie due condizioni: che ci sia qualcuno che ci creda e che sia disposto a metterci un po’ di voglia e di tempo (e mi pare che le premesse ci siano); che possa esistere un luogo, in parte fisico (una sede?) in parte virtuale (rete web, ma anche un foglio o qualcosa del genere) capace di attrarre e rilanciare gli spunti di riflessione e gli interventi. Gli esempi certo non mancano...

In altre parole la base partecipativa deve essere attiva, perché quando la famosa "gente" sente di essere parte in causa partecipa. Eccome. Lino Gobbi, nei suoi recenti incontri nei Circoli (nuntio vobis gaudium magnum...) ricordava con un certo orgoglio che la provincia di Rimini é stata una di quella in cui il numero di votanti alle primarie di ottobre ha superato quello delle primarie in cui si elesse Veltroni segretario. In sostanza voglio dire che, come è ovvio, la politica, con la P maiuscola, non si può né di deve esaurire con la parte amministrativa, “governamentale”, della politica. C’è uno spazio autonomo di partecipazione che deve esistere e che può essere di stimolo anche alle amministrazioni in carica, che non deve essere percepito o peggio ancora temuto, come l’angolo di coloro che disturbano i manovratori. Concludo auspicando che questo possa essere il modo per conquistare i tanti scettici che non si avvicinano al PD perché pensano che tanto sia tutto già deciso in partenza. Se si riesce a creare e a far resistere luoghi di discussione e partecipazione credo che la scommessa possa essere vinta.
Rossano Lambertini

Svegliamoci e scendiamo dagli allori



Ultimamente guardando la televisione mi sono trovata davanti ad un paradosso: un rinnovato Fini difensore dei diritti degli immigrati.
Mi è allora sorta spontanea una domanda: dobbiamo forse farci insegnare dagli ex missini come si fa integrazione? Dobbiamo forse farci dire da loro che dopo anni trascorsi regolarmente nel nostro paese lavorando, pagando le tasse, mandando i figli nelle nostre scuole, queste persone hanno diritto di esprimere anche un parere politico?
Dal punto di vista prettamente utilitaristico poi, vi pare normale che in un domani inevitabile gli immigrati votino Fini invece di votare quella sinistra che da anni discute, lotta e lavora affinché gli immigrati regolari vengano considerati a tutti gli effetti persone con pari diritti e doveri rispetto agli italiani?

Il Pd è un partito che si definisce riformista e moderato, due attributi che prevedono la lungimiranza del dialogo e della mediazione ma anche e soprattutto il coraggio di portare proposte nuove, il coraggio di dire cose scomode, la forza di sedersi ad un tavolo, dialogare e trovare una sintesi.
Ci stiamo avviando ad una conferenza programmatica, non vedo occasione migliore per discutere di quei temi su cui ci siamo sempre dimostrati divisi e su cui quindi abbiamo fatto scena muta.
Un partito che aspira a governare non può non prendere posizione.
Mostriamo alla provincia, alla regione, al paese e soprattutto agli elettori che noi non stiamo sulla difensiva ma siamo propositivi e che ogni centimetro guadagnato, che prima sembrava impossibile anche solo immaginare, è un diritto in più per tutti.


Lorena Fonti

28/12/09

"Not this time"

Obama nel marzo 2008 con queste parole invitava gli americani a preoccuparsi delle vere cause delle divisioni sociali e razziali, scegliendo di non acuire i contrasti, dicendo “not this time”. Questo è il punto di vista da cui si deve partire, dall'analisi della società multiculturale in cui viviamo, e dallo studio delle sue problematiche.
E' fondamentale avere quindi luoghi e occasioni di ascolto delle esigenze delle varie comunità di immigrati. (Per esempio si può proporre la creazione di un “circolo PD dei migranti”). E' necessaria una grande collaborazione con le realtà del territorio, le associazioni(italiane e straniere), le istituzioni scolastiche, le amministrazioni. Si deve investire sul dialogo, sul confronto e sulla conoscenza comune. Si potrebbe dare vita progetti mirati a favorire l'incontro tra stranieri e comunità locali, con iniziative riguardanti il cibo, il teatro, il cinema e anche( perchè no?) la costituzione. E' infatti importante formare una coscienza civica comune a immigrati e italiani, la partecipazione civica può rendere più matura e responsabile tutta la comunità favorendo la collaborazione tra le sue componenti.
E' necessario avere chiaro che le difficoltà dell'integrazione possono essere superate solo se ogni persona è direttamente coinvolta, introducendo un'idea di cittadinanza e partecipazione nuova, estesa anche agli stranieri residenti nelle nostre città. Tutti devono essere coinvolti anche e soprattutto dal punto di vista politico, in modo che l'immigrato passi da semplice oggetto di decisioni altrui a soggetto politico a tutti gli effetti.
Il partito democratico deve dare vita ad una politica dell'integrazione e della cittadinanza che sia rivolta allo stesso tempo a italiani e stranieri, orientando il lavoro verso i circoli, che sono i nostri “presidi” nel territorio e che possono quindi meglio di qualsiasi altra struttura essere a contatto con la realtà quotidiana del quartiere in cui si trovano. Rendiamo quindi vivi i circoli e diamo loro un ruolo centrale nelle politiche di integrazione, un ruolo di monitoraggio e di individuazione delle iniziative migliori e più efficaci per l'integrazione dei cittadini stranieri.
Il PD non può certo, parlando di multicultura e integrazione, ignorare il tema della sicurezza, su questo a sinistra c'è un vuoto assoluto. La destra offre risposte sempre inutili e spesso dannose. E' certo che chi delinque deve essere punito, ma è necessario usare più che i muscoli della repressione, il cervello. In Italia ancor più che un'emergenza sicurezza c'è un emergenza paura. Incentiviamo la realizzazione da parte dei circoli, in collaborazione con associazioni e comitati cittadini, di iniziative semplici ma che servano a riappropriarsi di vie, giardini e piazze fungendo da deterrente ai fenomeni di microcriminalità e anche alla paura dei cittadini. Diamo vita ad una politica per la “sicurezza integrata e partecipata”: iniziative di tipo culturale, sportivo, ludico, commerciale che rilancino la qualità urbana dei nostri quartieri, favorendo l'incontro e la conoscenza reciproca; e allo stesso tempo prestiamo ascolto e attenzione alle richieste delle associazioni, dei comitati di quartiere e dei singoli cittadini.

LA LIBERTA' E' PARTECIPAZIONE




















Un contributo di Davide Imola.

Chi non si ricorda la famosa canzone di Giorgio Gaber degli anni 70.
I contorni della partecipazione dei grandi partiti e delle grandi organizzazioni sociali di massa conosciuti nella “prima repubblica” avevano caratteristiche simili alla società di quei tempi dove l’impegno, il talento e le capacità individuali consentivano di puntare alla mobilità sociale all’interno di una vitalità civile, economica e sociale generale.
Anche nella politica, dentro una maggiore adesione e presenza generale, si potevano vedere i segni che lasciava questa grande partecipazione. La cosiddetta “spinta dal basso” non sempre ma spesso aveva i suoi successi e riusciva a far diventare centrali, anche per i dirigenti politici di vertice, i temi di cui direttamente si occupava nel rapporto diretto con i cittadini e con i lavoratori... [LEGGI TUTTO]

23/12/09

ROMPIAMO LA BRECCIA

Mercoledì 23 Dicembre 2009 ore 21
Sala del Buonarrivo - Corso d'Augusto 231 / Rimini

Verso la Conferenza Programmatica PD Rimini 2010

Avvio del Gruppo di Lavoro
ROMPIAMO LA BRECCIA
DIRITTI&LIBERTÀ!

Imposteremo e organizzeremo assieme il percorso di lavoro versola conferenza programmatica del PD riminese per le tematiche:
LIBERTÀ COME Multicultura
LIBERTÀ COME Estensione dei diritti
LIBERTÀ COME Partecipazione

Partiamo da noi, partiamo da qui. Guardiamo avanti e "alziamo l’asticella". Per rompere gli schemi e le catene. Per affermare la visione di una società che nei fatti è già una realtà multiculturale, che vuole partecipare e che deve aprirsi. Consapevoli che la felicità è un diritto e non può restare solo di una parte. Altrimenti si chiama privilegio.

PASSATE L'INVITO A TUTTI QUELLI CHE CONOSCETE E CHE SONO INTERESSATI, PIU' SIAMO AD AFFERMARE QUESTO FUTURO, E PIU' FACILE SARA' ROMPERE LA BRECCIA.

Per info chiama
Giovanna: 347 3720512
Roberto 335 5617903

Se là fuori c'è ancora qualcuno che dubita




"Se là fuori c'è ancora qualcuno che dubita che l'America sia un luogo dove tutto è possibile[…] questa notte è la vostra risposta.

È la risposta pronunciata da giovani e vecchi, ricchi e poveri, democratici e repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi americani, gay, etero, disabili e non disabili.

[…] È la risposta che ha spinto quelli che per tanto tempo, da tanta gente, si sono sentiti dire che dovevano essere cinici, spaventati, scettici su quello che possiamo fare, sulla possibilità di mettere le mani sul corso della storia e piegarlo in direzione della speranza di un giorno migliore. Ci ha messo molto ad arrivare, ma questa notte, grazie a quello che abbiamo fatto in questa giornata, in queste elezioni, in questo momento storico, il cambiamento è arrivato in America."


Barack Hussein Obama
Chicago, notte del 4 novembre 2008

YOU, AND YOU, AND YOU: THE US's



“Two days after I was elected, I got a phone-call. The voice was quite young. It was fron Altoona/Pennsylvania... and the person said: 'Thanks'.
And you’ve got to elect also gay people, so that thousand upon thousands like that child know that there is hope for a better world; there is hope for a better tomorrow. Without hope, not only gays, but those who are blacks, the Asians, the disabled, the seniors, the US’s: without hope the US’s give up. I know that you can’t live on hope alone, but without it, life is not worth living. And YOU, and YOU, and YOU, and you have got to give them hope.”

"Due giorni dopo la mia elezione, ho ricevuto una telefonata. la voce era giovane, chiamava da Altoona/Pennsylvania... e questa persona mi disse: 'Grazie'.
E così voi potete eleggere anche persone gay, perchè milioni di quei giovani sappiano che c'è speranza per un mondo migliore, che c'è speranza per un domani migliore. Senza la Speranza, non solo i gay, ma i neri, gli asiatici, i disabili, gli anziani... questo "NOI": senza la Speranza questo NOI si arrende. Lo so che non si può vivere di sola speranza, ma senza questa la vita non vale la pena di essere vissuta.
E così TU e TU e TU devi dare loro la speranza."


Harvey Milk

PRIMA DI TUTTO

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me
e non c'era rimasto nessuno a protestare

(Martin Niemöller)

20/12/09

"NON SIAMO I PRIMI, MA DI SICURO NON SAREMO GLI ULTIM"I

LA LIBERTA' NON E' UNO SPAZIO LIBERO

VERSO LA CONFERENZA PROGRAMMATICA DEL PD 2010

Mercoledì 23 Dicembre 2009 ore 21
Sala del Buonarrivo - Corso d'Augusto 231 / Rimini

Verso la Conferenza Programmatica PD Rimini 2010

Avvio del Gruppo di Lavoro
ROMPIAMO LA BRECCIA
DIRITTI&LIBERTÀ!

Imposteremo e organizzeremo assieme il percorso di lavoro versola conferenza programmatica del PD riminese per le tematiche:
LIBERTÀ COME Multicultura
LIBERTÀ COME Estensione dei diritti
LIBERTÀ COME Partecipazione

Partiamo da noi, partiamo da qui. Guardiamo avanti e "alziamo l’asticella". Per rompere gli schemi e le catene. Per affermare la visione di una società che nei fatti è già una realtà multiculturale, che vuole partecipare e che deve aprirsi. Consapevoli che la felicità è un diritto e non può restare solo di una parte. Altrimenti si chiama privilegio.

PASSATE L'INVITO A TUTTI QUELLI CHE CONOSCETE E CHE SONO INTERESSATI, PIU' SIAMO AD AFFERMARE QUESTO FUTURO, E PIU' FACILE SARA' ROMPERE LA BRECCIA.

Per info chiama
Giovanna: 347 3720512
Roberto 335 5617903